Come un masso, che cadendo dalla cima di un pendio lungo e ripido precipita a valle lungo la via scoscesa, e lí batte sul fondo e vi resta;
e resta immobile nella sua inerte pesantezza, né nel corso dei secoli potrà mai piú rivedere il sole delle cime su cui stava un tempo, se una potenza benevola non lo trasporterà in alto:
cosí giaceva l'uomo figlio di quell'Adamo che aveva commesso il peccato originale, dal giorno in cui una potente maledizione divina lo aveva gettato nel fondo del male, da cui l'uomo non poteva piú sollevarsi.
Chi mai tra gli uomini, nati con la condanna e l'odio di Dio, poteva intercedere presso Dio stesso e chiedergli il perdono per l'uomo? E stringere fra l'uomo e Dio un nuovo patto, fondato sulla Grazia? E strappare l'uomo all'inferno, che, per la colpa originale, aveva ormai fatto di lui una propria preda?
Ecco la nascita di Gesú, il figlio del Signore: le forze dell'inferno, nemiche all'uomo, tremano, sconfitte, al solo muovere di un suo ciglio, a un solo suo cenno: Egli porge la mano all'uomo, e quello riprende coraggio, e si rialza, e sale ancora piú in alto di quanto non fosse prima del peccato originale.
Dai cieli scende una fonte di grazia per l'umanità e si distende vivificatrice nel dirupo irto di spine: gli alberi stillano miele, e dove prima vi erano spine, spuntano fiori.
O tu, figlio di Dio, generato da Dio eterno ed eterno tu stesso come Lui, chi mai, al di fuori di Dio, potrà vantarsi di essere nato assieme a te? Tu esisti: e tutto il cielo, nella vastità infinita della sua circonferenza, non ti abbraccia in sé: sei stato Tu a crearlo.
E Tu, che sei quale ho detto, ti sei degnato di rivestire la nostra carne mortale? Quale merito degli uomini o quale grazie hanno concesso loro una sorte cosí felice e onorifica? Se ciò è accaduto solo perché nell'intimo della mente per noi imperscrutabile di Dio, lo sdegno è stato vinto dalla volontà di perdono, bisogna concludere che Dio è immensamente misericordioso.
Oggi Egli è nato: a Betlemme, paese che già il profeta Michea aveva predetto come patria del Messia, è salita una nobile Vergine, onore e gloria d'Israele, incinta di un tal figlio: (il Messia) è nato dalla stirpe da cui aveva promesso di nascere, è venuto alla luce da dove era atteso (a Betlemme).
La mirabile madre coprí il suo figlio di poveri panni, e lo stese con grazia garbata nell'umile mangiatoia, e poi gli si piegò dinanzi adorandolo, prostrata dinanzi a Lui che le era sí figlio, ma era anche quel Dio Padre che aveva reso materno il suo grembo verginale.
L'Angelo, che deve annunziare agli uomini un evento di tali conseguenze per essi, non si rivolge alle porte dei potenti, ma appare, folgorante di luce, ai pastori devoti, che il mondo crudele ed egoista dei potenti ignora.
E, sopraggiunti in gran numero per la solennità dell'evento che aveva luogo in quella notte, migliaia di angeli si strinsero intorno a Lui in quel volo di luce; e, accesi di ardore affettuoso, cantarono gloria a Dio come la si canta in cielo.
E proseguirono quel canto gioioso anche mentre tornavano in cielo, finché l'armonia, salendo, si perdette, e quel gruppo di pastori devoti non udí piú nulla.
Senza indugio, i pastori cercarono il misero alloggio (dove era nato Gesú), e videro, come gli angeli avevano detto loro, il Re del Cielo che, adagiato in una mangiatoia, emetteva vagiti.
Dormi, o Fanciullo; non piangere; dormi, o Fanciullo divino: le tempeste, abituate a correre davanti a Te sulla terra peccaminosa, come cavalli in guerra, non osino rumoreggiare sopra la tua testa.
Dormi, o Divino: i popoli ancora non sanno chi è nato; ma verrà un giorno in cui essi saranno tutti tuoi sudditi, e in cui in questo Fanciullo che ora riposa nell'umile mangiatoia e si nasconde in umiltà riconosceranno il loro Re.